Non è una novità il fatto che l'aggravarsi degli attuali scenari internazionali sia fonte di preoccupazione, in particolare per coloro i quali svolgono un compito essenziale quanto delicato per la sicurezza del Paese.

I dati sul fenomeno immigratorio sono preoccupanti, ciononostante si gioca, all'interno del Paese, l'ennesima partita politica alimentata da forze che, in un crescendo di dichiarazioni allarmistiche, hanno il solo scopo di attrarre consenso.

Anche il Governo, con agire schizoide, alterna dichiarazioni bellicose che, smentite in tutta fretta e nel giro di poche ore, non fanno che accrescere i rischi potenziali.

Un contesto delicatissimo dove gli irresponsabili non mancano anche tra coloro che denunciano una totale impreparazione da parte delle nostre forze dell'ordine.

Dietro queste affermazioni si celano, ancora una volta, calcoli di natura politica che non hanno nulla a che vedere con un approccio serio e competente al nostro problema.

Queste logiche non ci appartengono in quanto prive di costruttività, atteggiamenti che non mirano ad elevare gli standard di sicurezza del paese tutelando e difendendo operatori che, ogni giorno, sacrificano se stessi a fronte di sempre più crescenti difficoltà che riguardano le complesse e articolate attività lavorative.

Per il Silp Cgil, battersi per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operatori è un dovere al pari della necessità di “mettere al centro i cittadini” rispetto alla rivendicazione in materia di sicurezza con una particolare sensibilità ed attenzione per le fasce più deboli della società.

Che mancano gli strumenti, le risorse gli uomini e i mezzi, condizione aggravata da una politica miope che tende a depenalizzare i reati predatori e quelli in danno dei P.U., noi del Silp Cgil lo denunciamo da un pezzo ma, non per questo, propendiamo ad ingenerare nell'opinione pubblica  sensazioni di paura o di insicurezza.

Ciononostante siamo oggettivamente preoccupati giacché ci sentiamo ancor più esposti durante i servizi di OP, nel corso degli interventi quotidiani sia che ci  troviamo su di una volante  oppure nel corso dell'espletamento di un qualsiasi tipo di servizio volto a garantire la sicurezza delle persone come la nostra incolumità personale.

In questo senso, il dato incontrovertibile secondo cui i responsabili degli attentati avvenuti in Francia e Danimarca erano cittadini di quei paesi, ne accresce la percezione.

Il rischio “emulazione” è infatti elevato, di certo molto di più del pericolo messo in evidenza da coloro i quali tentano di farci credere che i terroristi sbarcano dai barconi al pari di quell'umanità composta da disperati  che fuggono dalla fame e dalla violenza.

L'Isis, almeno per la parte che riguarda la manovalanza è, anche, il risultato della disperazione di una generazione giovanile di un'area del mondo dove, sospinti da un anelito di follia, si ricerca un folle riscatto con l'uso  di una violenza che alimenta spirali di odio e di incomprensione.

Questo nostro modo di vedere le cose ci differenzia e ci fa spesso prendere posizione nei confronti di chi continua a gestire, anche in seno al governo, tali fenomeni in un'ottica meramente repressiva, utilizzando le forze dell'ordine al fine di fronteggiare situazioni che rischiano di diventare di proporzioni immani con sofferenze che si sommano ad altre sofferenze.    
 
Purtroppo la posizione geografica del nostro paese non ci aiuta, la pianura d'acqua - così come la descrivevano gli arabi dei secoli scorsi - costituita dal mar mediterraneo,rende molto bene l'idea della contiguità dei nostri territori, appena 500 Km.  

Regioni che, già in passato, sono state motivo di preoccupazione per il nostro paese e che hanno anche ingenerato crisi e tensioni internazionali ripropongono scenari che vorremmo avere dimenticato per sempre.

La Libia ha infatti perso ogni unità statale ed è in mano alle milizie, alle tribù, ed ai vari clan in lotta fra loro anche perché questo conflitto riguarda qualcosa di molto consistente: i proventi del petrolio e i circa 70 miliardi di dollari accumulati all’estero dalla banca centrale libica, tutto questo è un ulteriore aspetto delicato e pericoloso, in particolar modo per la funzione di “controllo” delle frontiere.

L'ulteriore presenza dello Stato del Vaticano sul nostro territorio aggrava questo scenario e siamo anche consapevoli del ruolo di cuscinetto da noi esercitato in tante, troppe circostanze soprattutto quando assistiamo ad un rimpallo di responsabilità tra i vertici, la politica e le istituzioni.

Un efficace contrasto al terrorismo non è infatti risolvibile solo sul versante preventivo o repressivo e non lo sarà mai in nessun paese al mondo in quanto gli interventi veri devono essere soprattutto quelli a carattere umanitario e sul versante dell'integrazione.

A tale proposito abbiamo peraltro segnalato che i rischi concreti da fronteggiare sono, purtroppo, più d'uno da quello dei menzionati emulatori, dei lupi solitari come quelli che provengono da cellule ben preparate, ben finanziate con una rete di fiancheggiatori importante.

Per questo: gestione dell'ordine pubblico, migrazione,terrorismo, sono tutti aspetti che si possono fronteggiare solamente attraverso gli indispensabili quanto necessari investimenti,con una professionale e intelligente formazione; capitolo nero sacrificato sull'altare della spending review e da sempre sottovalutato da parte del nostro dipartimento.

L'esempio della vicina Francia ci insegna che, interventi strutturali con l'immissione di personale aggiuntivo e di risorse economiche, sono le uniche armi che ci consentiranno adesso e nel futuro, di predisporre adeguati anticorpi alle minacce di sempre comprese quelle recenti a cui, inevitabilmente, dovremo far fronte.

Un simile comportamento non si riscontra, ad oggi, con quanto di recente messo in campo dal nostro governo attraverso l'emanazione di un provvedimento anti-terrorismo che non stanzia risorse e che è carente rispetto all'adozione di misure efficaci nel contrasto al fenomeno.

Anche questa volta il “tema della sicurezza” viene concepito e affrontato attraverso l'ennesimo slogan che nulla ha a che vedere con quelle che sono le esigenze reali alle quali si deve concretamente rispondere quando la sicurezza dei cittadini viene messa concretamente in gioco.   

Editoriale di Daniele Tissone        4 Marzo 2015

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