La violenza sulle donne, "un contatore che non si ferma."


Si esortano le donne a denunciare ma, nel frattempo, molti centri antiviolenza chiudono e molti altri sono a rischio chiusura. Il tema della violenza di genere passa, soprattutto, attraverso i Centri Anti Violenza che, in Italia, sono interamente gestiti da personale volontario e fanno affidamento solo su donazioni private.


Siamo in presenza di una vera e propria emergenza e l'informazione come l'azione diretta e a lungo termine, può fare molto anche rispetto alle leggi spesso inapplicate, perché le radici sociali della violenza di genere in Italia non debbono essere viste solamente come un problema di “violenza privata”.


In tal senso siamo ancora in attesa che venga applicata la Convenzione di Istanbul in ogni sua parte. Dei finanziamenti stanziati dalla legge del 2013 sul femminicidio, una volta arrivati nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi, si è persa traccia.


Servono, pertanto, stanziamenti adeguati in tal senso con adeguate misure da parte del governo contro tale violenza.
Se si vogliono attuare misure efficaci di contrasto alla violenza non si possono chiudere i centri antiviolenza, che ad oggi sono la miglior risposta sul fronte della tutela.


Anche la prevenzione è determinante, perché la violenza maschile sulle donne non è un fatto privato, ma un tema politico che nasce dalla disparità fra i sessi e dalle discriminazioni, dal linguaggio, da una scuola che non ne parla e dal preoccupante fenomeno che parrebbe avere radici fin dall'adolescenza.


Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza su circa 4.000 adolescenti di età compresa tra i 13 e i 19 anni sul territorio nazionale, si evidenzia, purtroppo, quanto la violenza all’interno delle coppie di adolescenti sia un fenomeno estremante grave e preoccupante soprattutto per gli esiti nefasti che può avere nel corso degli anni.

È un fenomeno in crescita e i dati preoccupanti sono legati al fatto che tanti ragazzi non sono in grado di riconoscere i segnali, di capire dove finisce la gelosia e inizia il possesso, dove finisce la condivisione e inizia il controllo. L’amore non porta ad essere violenti, la possessività, sì, perché si arriva a pensare di possedere l’altra persona, che sia in un certo senso proprietà privata e quindi si hanno dei diritti e non dei doveri.


Da qui dovremmo iniziare a muoverci perché le violenze fisiche e psicologiche nascono dalla arretratezza di un sistema che ha radici profonde e che va al più presto cambiato.


Potremmo smettere di piangere sull’ennesimo caso di violenza di genere se fossimo in grado, oggi, di imprimere un cambiamento culturale a 360 gradi ma anche e soprattutto con politiche pubbliche rivolte alla prevenzione e all'accompagnamento di donne che escono da relazioni violente.


Se e' vero che la violenza fisica e verbale esiste fin dalle prime relazioni di coppia, creando dei danni rilevanti da un punto di vista psichico oltre che una condizione di profonda insofferenza, dobbiamo impedire che ci si senta soli, che si parli maggiormente con la famiglia, impedendo così, alle donne, di vivere un calvario senza via d'uscita.

E’ fondamentale, fin dall'inizio, riconoscere i primi segnali all’interno della coppia, esperienze che minano la psiche distruggendone l'autostima.

Il subire aggressioni fisiche e verbali, gelosia e comportamenti possessivi o opprimenti da parte del partner tanto da non sentirsi più completamente liberi, sono i primi campanelli d'allarme, oggi aggravati dall'utilizzo dei social network, strumenti attraverso i quali il partner ricatta o minaccia di pubblicare o inviare ad amici e parenti foto intime e compromettenti; anche questa è una grave forma di violenza.

Per contrastare in maniera efficace la violenza domestica e gli omicidi all’interno della coppia, considerato che i segnali possono essere identificati precocemente fin dalle prime relazioni affettive, serve quindi maggiore prevenzione, conoscenza e aiuto.

Nonostante la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza sulle donne, ratificata dall’Italia nel 2015, preveda che i governi dovrebbero incoraggiare e sostenere attraverso adeguati fondi, in Italia, secondo l’ultimo censimento di Wave Women against violence Europe, vi sarebbero solamente 140 centri antiviolenza e 73 case rifugio. Circa 6000 centri in meno di quanto previsto dall’Unione Europea.

Questo non è un buon inizio anche perché la prevenzione vera e propria non può essere assicurata, in primis, alle sole forze dell'ordine che, in tali casi, intervengono solamente dopo aver accertato comportamenti in tal senso attraverso le denunce e, in rari, casi, a seguito di un'attività di indagine delegate o di iniziativa.

Di certo occorre maggiore speditezza per le indagini che riguardano gli Stalker, non si deve perdere tempo sia nelle fasi del l'accertamento, sia in quelle che prevedono l'emanazione delle misure previste.

Segnaliamo, infine, la campagna di recente avviata dal Dipartimento della P.S. #questonone'amore contro la violenza sulle donne, iniziativa che gira per il Paese a bordo di un camper appositamente allestito e che può contribuire alla conoscenza del fenomeno sensibilizzandone le persone.

Come Silp Cgil, insieme alla Cgil, stiamo contribuendo, in particolare in occasione della Giornata internazionale contro ogni forma di violenza sulle donne, a mettere in campo iniziative, incontri e dibattiti su un tema che non ha territorialità, categorie o ceti sociali particolari, che è articolato quanto subdolo e che, per tale motivo, va al più presto sconfitto quanto definitivamente debellato.

Editoriale del segretario generale Daniele Tissone.


Roma, 28 Novembre 2016

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